luisa okok

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Il 9 maggio per noi è una data importante, da questo balcone di solito si vede il corso di Cinisi pieno di persone, venute a ricordare Peppino, molti dei quali sono ragazzi, ed è davvero incredibile, nonostante siano passati 42 anni, pensare a quanti di loro si ispirino a Peppino, che era un ragazzo anche lui, alla sua voglia di studiare, di impegnarsi, di lottare contro le logiche mafiose e far sentire la sua voce.

Questo è un 9 maggio sicuramente insolito, fa un certo effetto vedere questo corso vuoto, così come non nego che mi emoziona molto trovarmi di nuovo qui a Casa Memoria, perché Casa Memoria non è solo la casa dove ha vissuto mia nonna, in cui ho vissuto i miei momenti con lei, non è solo la casa di Peppino, ma oggi è custode della loro memoria, è un punto di incontro e di confronto democratico, un punto di partenza ma anche di arrivo. È un luogo collettivo, simbolo di una nuova coscienza antimafia, dove, come dice spesso mio padre, è passata l’Italia migliore, quella che si impegna, che crede ancora che si possa lottare per degli ideali, che crede che l’impegno antimafia sia anche sociale e culturale e che crede che fare memoria oggi, forse più di ieri, sia un forte strumento di resistenza. Casa memoria è l’eredita morale lasciataci da mia nonna Felicia, che non si è chiusa nel suo silenzio, tra le mura di questa casa , ma al contrario ha deciso di lasciare aperte le sue porte continuando da qui a ricordare Peppino.

E fa un certo effetto anche pensare che in questi mesi per la prima volta queste porte siano rimaste chiuse e per la prima volta dopo lunghi anni non abbiamo potuto onorare il nostro impegno, la continuità del percorso tracciato da mia nonna.

In questi mesi, infatti, qui dentro avremmo dovuto incontrare migliaia di persone, soprattutto studenti, così come le scuole sarebbero state anche al centro di questo 9 maggio, che avrebbe visto sfilare in corteo scuole arrivate da ogni parte d’Italia, da quella di Cinisi a moltissimi studenti provenienti tra l’altro da quelle che sono le cosiddette zone rosse, a cui da subito è andato il nostro pensiero.

I ragazzi continueranno ad essere al centro del nostro impegno, perché è da loro e con loro che si devono iniziare a costruire le basi per un radicale cambiamento, quei ragazzi che hanno dimostrato in questi mesi una grande capacità di pazienza e resistenza, continuando a impegnarsi e a studiare da casa.

Avevamo già iniziato a lavorare a questo 9 maggio da settimane, prima che partisse il lockdown, provando, come sempre, a contestualizzare le idee e le lotte di Peppino, che per altro sono sempre tremendamente attuali, nonostante siano passati 42 anni, e ad affrontare temi diversi, insieme alle realtà con cui condividiamo la nostra esperienza quotidiana, e partendo dalle urgenze sociali che coinvolgono il nostro presente che purtroppo l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sta gravemente contribuendo ad alimentare e alle quali sarà necessario rispondere. La crisi economica colpirà le fasce più deboli in cui la criminalità organizzata tenterà di infiltrarsi, sostituendosi alle istituzioni, se non adotteranno misure adeguate, a causa dalla condizione di povertà a cui andranno incontro milioni di persone e in cui il distanziamento non sarà più solo quello interpersonale, ma sarà conseguenza delle disuguaglianze sociali.

Inoltre si corre il rischio che ad intercettare queste istanze possa essere chi sfrutta queste emergenze per interessi personali o peggio, chi fomenta rabbia, odio e intolleranza.

Anche per questo abbiamo pensato comunque di esserci, oggi.

In questi mesi, come molti, abbiamo perso persone a noi care, con cui avevamo condiviso percorsi e battaglie, abbiamo dovuto rinunciare alla nostra libertà individuale, alla collettività, all’aggregazione, ma abbiamo sentito comunque il dovere di essere presenti in qualche modo, oggi, utilizzando i social, non in sostituzione dei rapporti umani, ma veicolando contenuti ed idee: Peppino attraverso la radio, entrava dentro le casa di tante persone che non potevano andare nei comizi perché avevano paura della mafia, e noi oggi vogliamo entrare nelle case di quelle tante persone che non possono essere qui, a parlare di ciò che lui avrebbe voluto dire ancora oggi, parlare di antimafia e giustizia sociale, ecologia, libertà.

Perché riteniamo fondamentale continuare a dare voce e sostenere chi lotta con atti di solidarietà concreti e con l’impegno sociale e continuare ad onorare la memoria di chi come Peppino si è speso per una società libera dalle prevaricazioni e le prepotenze del sistema criminale mafioso.

Siamo dalla parte di chi in questi mesi ha curato gli altri, dai medici agli infermieri, dai professori agli studenti, dai volontari ed attivisti che hanno difeso il bene comune. Siamo dalla parte di chi ha difeso la vita e la natura, di chi è rimasto a casa, ma è rimasto umano. Siamo accanto ai familiari delle vittime di mafia, che in questi giorni hanno visto la possibilità che vengano messi ai domiciliari boss mafiosi che hanno ucciso i loro cari.

Vogliamo pensare a questo fermo a cui siamo costretti dalla pandemia, come un momento di pausa dalle vite e dai ritmi frenetici a cui eravamo abituati. È un momento di seria analisi e riflessione sulle priorità da cui ripartire, dalla difesa dei nostri bambini, dei nostri anziani, delle fasce meno protette, del diritto alla libertà, alla salute, al lavoro.

Forse è proprio la difficoltà di questo momento che rende necessario ricordare Peppino comunque oggi. E nonostante ci manchi la possibilità di aggregarci, più di assembrarci, sono certa che oggi, nel nome di Peppino ci sentiremo comunque uniti.

Luisa Impastato

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