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Per la serie di interviste dedicate all’esperienza del Circolo Musica e Cultura, abbiamo incontrato Paolo Chirco, un artista eclettico che predilige “il sapere della mano”.

La nostra serie di interviste dedicate del Circolo Musica e Cultura proseguono con Paolo Chirco, che ci ha raccontato il valore di una grande esperienza, un luogo, un territorio, un’officina del pensiero e della creatività.

Qual è il suo legame con il Circolo Musica e Cultura, quando e come è entrato a farne parte e cosa ha rappresentato per lei?

Musica e Cultura è stato un luogo, un territorio. È stata una grande esperienza. Un’officina del pensiero e della creatività. Isola, all’interno di un paese clericale e mafioso, dove qualunque volo del pensiero e del comportamento non aveva speranza di esistere, e promontorio, parte integrante di quel territorio che in quegli anni metteva tutto in discussione, facendo controinformazione dentro il Movimento. Sono entrato a fare parte del Circolo appena dopo la sua costituzione; ho intuito che poteva essere (ed in effetti lo è stato) un luogo dove poter crescere culturalmente e politicamente. Le istanze culturali, che al suo interno si sviluppano, sono varie ed articolate, spaziando dai cineforum al teatro, dalla musica al mimo, dalle mostre d’arte ai murales, dagli incontri e dall’autocoscienza ai pubblici dibattiti e alla controinformazione. E tutte queste istanze erano portate nel territorio e nel tessuto urbano di Cinisi. Tutto ciò ha avuto per conseguenza inevitabile lo scontro diretto con quella mentalità omertosa e clericale, piccolo-borghese ed immobilista, che si oppone a qualunque cambiamento del costume o peggio, della politica e della morale. C’era il bisogno di cambiare tutti insieme una realtà ormai logora e che non ci apparteneva più. Anche a costo di cambiare noi stessi. Anzi, cambiando sicuramente noi stessi.

Quali sono stati le tappe fondamentali del suo percorso artistico da allora a oggi?

Il mio percorso artistico comincia prima della fondazione del Circolo Musica e Cultura, con il conseguimento del diploma al Liceo Artistico di Palermo. Prosegue fino al 1995 con un andamento volto più alla sperimentazione e alla ricerca che ad una produzione artistica costante. Sono anni alterni, dove l’artigianato entra a far parte della mia crescita artistica, sia esso un artigianato creativo, come il Laboratorio di tessitura artigianale che creiamo, tra tanti ostacoli, con la mia compagna Francesca (per non cedere al ricatto delle raccomandazioni nelle assunzioni), sia quello più prettamente tecnico come tipografo, restauratore o falegname. Gli anni del Circolo poi coincidono con la nascita della mia passione per la fotografia. Questo mi porterà a documentare, tra mille dificoltà anche economiche, gran parte delle iniziative che si terranno dentro e fuori il Circolo. L’ultimo comizio di Peppino e le foto sul luogo dell’assassinio, scattate la stessa mattina del 9 maggio, sono tra quelle più significative per la storia che abbiamo dentro ed anche tra le più dolorose. Tutte queste esperienze, artigianato compreso, oggi sono parte integrante del mio fare artistico e confluiscono in quello che chiamo “il sapere della mano”; questo mi permette di tradurre con più facilita le mie fantasie in opere artistiche (ndr. una delle quali nella foto).

Qual è stato il suo legame con Peppino Impastato e come prosegue oggi?

Peppino era di una generazione diversa dalla mia. La sua intelligenza e il suo acume intellettuale lo portavano ad essere alcune generazioni avanti a noi. E questo all’inizio mi incuteva un certo timore. Peppino, di questa sua capacità, non ne ha mai fatto motivo di leadership, mettendosi sempre alla pari di tutti noi. All’interno del Circolo non c’era nessun leader che imponesse una scelta: c’era la proposta, la condivisione delle idee, il dibattito, lo scontro, ma le decisioni erano soltanto collettive, in assemblea. Questo metteva a volte Peppino in minoranza, ma senza nessun problema.

Come continua il vostro impegno civile oggi?

Modi comportamentali come la condivisione, il dialogo, l’autocoscienza, la giustizia sociale, sono insegnamenti pratici che ancora oggi hanno una grande valenza, mantenendo la loro attualità, anche se nella società odierna sono difficili da mettere in pratica. Soprattutto, quando l’esempio, anche istituzionale, è quello della corruzione, del clientelismo, dell’omertà, dell’appartenenza al gruppo dominante che tutto può. Se l’ostentazione mafiosa è ormai finita, non ne è finita la cultura che, anzi, facendosi gruppo politico, si è mimetizzata e spalmata in ogni dove. In questo contesto il solo stare con la schiena dritta, non accettare compromessi e svolgere coscienziosamente il proprio lavoro diventa di per sé un atto rivoluzionario.

L’arte e la memoria, l’arte e l’impegno civile: quali sono i punti focali di questi binomi?

L’uso della memoria come strumento nella collettività è ormai una necessità e un dovere. La memoria fa parte di quello che siamo oggi e non può andare persa o dimenticata, anche se la sua mistificazione o distorsione sono un rischio concreto ed altrettanto deleterio. È stato detto che un popolo senza memoria è un popolo senza dignità e questo perche si perde il contatto con quello che siamo, ci si svuota dei contenuti che sono la nostra storia e la nostra identità. Un recupero della memoria non puo essere soltanto un mero rituale da riproporre sempre uguale a se stesso ad ogni ricorrenza, avulso dall’attualizzazione e dall’impegno civile. Deve essre un progetto umano che cresce nel tempo, dando voce a quegli avvenimenti, a quelle sensazioni, a quelle emozioni che nessuno, fino a quel momento, ha interpretato in quel modo. Ed uno dei modi per farlo è l’uso degli strumenti del pensiero quali l’espressione artistica, sia essa visuale o letteraria. Ed è attraverso questi mezzi, con il loro linguaggio sempre nuovo e diverso, che possiamo riattualizzare cio che è passato pur mantenendone la memoria. Credo che l’attenzione vada sempre rinnovata attraverso stimoli nuovi e l’arte, con la sua plurità di linguaggi e tecniche può essere lo strumento privilegiato.

Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato

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