Giancarlo Siani

Giancarlo Siani

 

 

Oggi ricordiamo il giornalista napoletano Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985 quando aveva 26 anni. il 19 settembre di questo anno ne avrebbe compiuto sessanta.

 

Durante gli anni di scuola superiore aveva partecipato ai movimenti studenteschi e appena iscritto all’Università cominciò a collaborare con alcuni periodici napoletani interessandosi al disagio sociale e all’emarginazione che creavano manovalanza per la criminalità organizzata. Negli anni universitari fondò con altri giovani giornalisti il “Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione” (MDDI), di cui fu portavoce in alcuni convegni nazionali sulla libertà di stampa.

 

Scriveva nel mensile della CISL “Il Lavoro del Sud”, era corrispondente per Torre Annunziata de “Il Mattino” di Napoli, collaborava con il periodico “Osservatorio sulla Camorra”. Fu attivista del Partito Radicale. Si dedicava principalmente a studiare i rapporti e le gerarchie delle famiglie camorristiche. Sognava di ottenere un contratto da praticante giornalista professionista per poi poter sostenere l’esame e diventare giornalista professionista, ma, come ha scritto il fratello Paolo in una lettera: “… resta per sempre un precario dell’informazione, un abusivo.”

 

Tante le sue denunce ed inchieste molto approfondite sugli affari di alcune famiglie di camorra come il Clan Nuvoletta (alleati dei corleonesi) e Clan Gionta. Inizia a scoprire le complicità, all’indomani del terremoto in Irpinia, tra esponenti politici e il boss locale, Valentino Gionta. Stava per pubblicare un libro sui rapporti tra politica e camorra negli appalti per la ricostruzione post-terremoto. Divenuto ormai molto scomodo, viene decisa la sua morte.

 

L’agguato mafioso avviene mentre era sulla sua auto proprio sotto casa, almeno due gli assassini che gli spararono dieci colpi sulla testa, scappando poi su di una moto.

 

Per catturare i suoi assassini ci son voluti ben 12 anni e tre pentiti.

 

Riguardo al “mestiere” del giornalista, Giancarlo diceva: “Da sempre sono esistite e continuano ad esistere due categorie di giornalisti: i Giornalisti Giornalisti e i giornalisti impiegati. La prima è una categoria così ristretta, così povera, così “abusiva”, senza prospettiva di carriera, che non fa notizia, soprattutto oggi. La seconda, asservita al potere dominante, è il giornalismo carrieristico, quello dello scoop e del gossip, quello dell’esaltazione del mostro e della sua redenzione”.

 

Il fratello Paolo, da anni cerca di tenere viva la memoria di Giancarlo, che ancora oggi molti ragazzi di Napoli ricordano in varie iniziative: “Era il mio più grande desiderio, riuscire a non far dimenticare Giancarlo, era l’unica arma che avevo per ribellarmi a quella violenza così brutale. Era la mia risposta civile alla camorra. Una battaglia lunga, dura e tenace.” Ultimamente ha denunciato anche lo stato di abbandono in cui versano le Rampe dedicate a Giancarlo nel quartiere Arenella a Napoli, come sappiamo i luoghi sono importanti per mantenere viva la memoria storica ed il degrado in cui certi simboli sono lasciati è una mancanza di rispetto per chi ha dedicato la propria vita per il bene della collettività, ma anche per tutta la società civile.

 

Di recente Giancarlo Siani è stato ricordato insieme a Peppino Impastato, a cui tanto lo accomuna (dalla lotta alla mafia, all’attività giornalistiche in nome della verità, al brutale assassinio subito in giovanissima età), in un evento a Malta dedicata a Daphne Caruana Galizia, giornalista uccisa nel 2017 con un auto bomba. Paolo Siani nel suo messaggio ha scritto che “quando un giornalista viene ucciso in questo modo, con un’autobomba, l’unico modo in cui può accadere è a causa del loro lavoro, a causa di ciò che conoscevano e a causa di ciò che stavano indagando o scrivendo. Ma soprattutto per quello che non avevano ancora scritto, ma che conoscevano. “. Ha espresso la sua solidarietà con la famiglia Caruana Galizia e il desiderio di costruire una nuova società “libera dalle mafie”.

 

E’ importante non cancellare mai la memoria di chi si è battuto per raccontare la verità, per la giustizia sociale, per la libertà, da questi esempi le nuove generazioni possono infatti trarre ispirazione e valori per costruire una società migliore.

 

Evelin Costa

Casa Memoria

foto tratta da internet 

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