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Quest’anno non possiamo essere a Portella della Ginestra o nelle piazze delle nostre città a lottare per i lavoratori, per i precari, per le vittime sul lavoro, per i cassintegrati, per i braccianti sfruttati, per i malpagati, per i disoccupati, per le persone che in questo periodo stanno subendo gli effetti indiretti della pandemia del covid-19, per chi soffre ancora di più la crisi economica ed anche per i medici ed infermieri che in questi giorni hanno perso la vita mentre svolgevano il loro lavoro di cura degli altri.

Non possiamo ricordare, nelle nostre terre bagnate di sangue, le vittime della strage di Portella della Ginestra che avvenne il Primo Maggio del 1947. In quell’anno migliaia di contadini e lavoratori si radunarono a Portella per lottare contro il latifondismo, per festeggiare il primo maggio e la recente vittoria del blocco del popolo alle elezioni regionali, subito dopo la fine del regime fascista. La festa fu interrotta da una sparatoria che causò 11 morti e 27 feriti, più altri che si aggiunsero nei giorni seguenti. Strage di Mafia e di Stato, quella fu, come ha scritto Umberto Santino: “un atto di lucida, e ragionata, violenza volto a condizionare il quadro politico, regionale e nazionale”.

Però siamo qui oggi, anche se a distanza, a riflettere sul tema del lavoro, sul tema dei diritti e della libertà. E’ importante non fermarsi mai e andare sempre avanti.

Nella foto in basso un numero dell’Idea Socialista, fondato da Peppino Impastato, che raccontava il 1 Maggio a Portella.

 

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