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In questo momento di grande diffusione dell’epidemia che ci ha procurato gravissimi problemi riguardo tutto l’apparato economico globale, non poteva mancare la discussione su qualcosa che riteniamo fondamentale ed importante, il nostro ruolo all’interno dell’Unione Europea con le profonde contraddizioni che stanno venendo fuori.

Dopo le questioni sugli immigrati, oggi ci troviamo ad affrontare una situazione che ci porta a pensare che difficilmente riusciremo a dare continuità ad un processo unitario basato su un’azione comune per far fronte all’emergenza Corona-virus. Non a caso, in un momento difficile come questo, il Governo Italiano aveva proposto di rispondere ad una crisi straordinaria con strumenti straordinari, come istituire e lanciare il primo titolo di debito comune discutendo anche di CoronaBond, per reagire e rispondere alla recessione da Covid-19.

Un obiettivo che si persegue da giorni come una soluzione europea offerta a tutti gli Stati a condizioni paritarie per salvare appunto l’economia dall’impatto del virus. Questo è stato il motivo di una profonda spaccatura. Le resistenze arrivano dalla Germania, Olanda, Finlandia e da altri paesi del Nord Europa. Noi assieme alla Francia e alla Spagna, che sono sulle nostre posizioni, veniamo considerati il Sud. A questo punto si può toccare con mano che qualcosa continua a non funzionare come abbiamo sempre detto.

Noi non siamo stati e non saremo mai ne sovranisti e nemmeno populisti, però nel dramma che stiamo vivendo, con coraggio credo che si debba iniziare a discutere il nostro ruolo, quale futuro si pone questa Europa, e se sia il caso di continuare ad andare avanti in questo modo. Credo che sia venuto il momento di alzare la voce, farsi rispettare, rivendicare un ruolo paritario senza essere subalterni a nessuno. In questo momento di serio pericolo non possiamo lasciare questi contenuti e queste rivendicazioni in mano ad una destra che sa solo parlare alla pancia della gente, sfruttando situazioni del genere che fanno leva sulla rabbia e sulla disperazione. Bisogna stare molto attenti, il momento difficile verrà subito dopo quando magari abbiamo pensato di aver risolto il problema virus dal punto di vista della nostra salute fisica. I segnali non sono incoraggianti, le tensioni sociali si verificheranno nel momento cruciale quando centinaia di migliaia di persone si troveranno senza un reddito e non avranno la possibilità di garantire la loro sopravvivenza. Purtroppo c’è il rischio di dover pagare gli errori del passato. Gli ammortizzatori sociali, i decreti, il reddito di cittadinanza ed altre forme di assistenzialismo sono importanti, però non risolveranno i veri problemi. Bisogna iniziare ad essere consapevoli che oggi è fondamentale costruire delle vere alternative di sviluppo economico e sociale, portare avanti un progetto rivoluzionario adeguato alle nuove esigenze e alle prospettive di un futuro basato su nuove tecniche e nuove forme di comunicazione. Nello stesso tempo se non si riesce a politicizzare e canalizzare la protesta dal basso su contenuti ed obiettivi di vera ricostruzione del nostro paese, rifiutando la logica e la cultura del consumismo, si rischia di mettere in discussione la nostra Democrazia. Non limitiamoci alla retorica degli slogan fini a se stessi che non ci portano da nessuna parte, lasciamo stare le solite promesse che saremo più buoni e che siamo tutti pentiti per quello che abbiamo fatto. Le parole non hanno più senso, fatti concreti ed azioni dirette contro un sistema di potere che ci ha resi dipendenti da un capitalismo disumano e senza regole, contro ogni forma di equilibrio economico, senza rispetto per la natura e l’ambiente. Se Papa Francesco oggi ha dovuto compiere quel gesto senza precedenti dell’indulgenza plenaria al termine di una preghiera a piazza San Pietro vuota, questo significa che non possiamo più aspettare e che nessuno si salverà da solo, che ognuno deve cominciare ad agire per costruire un futuro migliore. L’indulgenza è stata motivata, come si legge in un comunicato della Chiesa Cattolica, dall’eccezionalità del momento storico “in cui versa l’intera umanità” ed è stata pensata per i malati, per i loro familiari, per i sanitari che li assistono: insomma per una situazione estrema che impedisce il dialogo, l’incontro e il contatto. Non bisogna pensare, come qualcuno si ostina, che l’epidemia in corso sia una punizione divina. Papa Francesco pensa a tutt’altro, parla “dell’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri, le contraddizioni, le violenze, le debolezze che ci impediscono di rendere migliore il mondo, di combattere il disastro ambientale, di cooperare tutti e a tutti i livelli per contrastare il covid-19 e le sue preoccupanti conseguenze”. Non dunque una punizione Divina dall’alto.

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