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Dopo che a giugno la Corte europea dei diritti dell’Uomo e, successivamente, il 22 ottobre, anche la Corte Costituzionale italiana hanno dichiarato l’illegittimità del 4 bis, facendo cadere il divieto assoluto per gli “ergastolani ostativi” di accedere a permessi premio durante la detenzione anche in assenza di collaborazione, è scaturito un importante dibattito che ha coinvolto magistrati, studiosi del fenomeno mafioso, giuristi, familiari delle vittime di mafia, giornalisti etc.

Un dibattito che si spera serva ad aiutare la lotta alla mafia, riflettendo su tematiche importanti quali il rispetto dei diritti umani, senza cadere nel pericolo di favorire la criminalità.

Anche noi che curiamo il sito di Casa Memoria vogliamo dare un contributo alla discussione e lo facciamo con Giovanni, fratello di Peppino, che insieme alla madre Felicia si è costituito parte civile al processo contro gli assassini mafiosi del fratello.

 

 

A questo punto, Giovanni, ti chiediamo insieme ai nostri lettori, cosa hai provato nel venire a conoscenza di queste sentenze? Anche tu, come molti familiari delle vittime di mafia, le ritieni un’offesa alla memoria di tuo fratello?

Noi familiari di Peppino non ci consideriamo solo vittime di mafia, dietro il nostro impegno c’è una grande storia, c’è la lunga militanza politica di Peppino che ha contestato il potere dei boss della mafia di Cinisi ed anche quello di alcuni politici, loro complici. Peppino si è anche battuto per i diritti umani e per difendere gli oppressi da questi potenti. La sua era una lotta alla mafia sociale e partigiana, fondata sui valori dell’antifascismo e giustizia sociale. Aveva un concetto rivoluzionario di legalità, che significava difendere i diritti degli sfruttati e che prevedeva anche la disobbedienza civile verso le leggi oppressive e contrarie ai diritti umani. Ponendoci dalla parte degli ultimi della società, non siamo stati mai giustizialisti che invocano “manette per tutti”; abbiamo appreso dalla storia la lezione che, dietro ai proclami di chi chiede a gran voce “onestà”, non sono quasi mai i privilegiati a pagare, ma chi vive ai margini della società. Siamo d’accordo con chi dice che: “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, ma penso che la Corte europea e la Corte costituzionale dovrebbero anche riflettere sul fatto che la nostra società sia ancora impreparata al fenomeno mafioso, non c’è maturità, il 41 bis è nato proprio per questo. La mafia è dentro lo Stato ed i suoi legami sono difficilissimi da spezzare. Come l’Europa o l’Italia pensano di intervenire quando i mafiosi rientrano nella società? Possono garantire il loro controllo o il reale cambiamento? Molti mafiosi, anche quelli che sono sottoposti al 41 bis e che non hanno mai mostrato l’intenzione di pentirsi, che non ammettono di aver sbagliato e non collaborano, sono uomini di potere che hanno sottomesso, sfruttato, trucidato, ucciso e torturato e quindi non possiamo rischiare che continuino a farlo. Il legame mafioso può valere per tutta la vita, ma pensiamo si debba dare a tutti una possibilità di cambiamento, questo però deve essere sincero e non fatto solo per convenienza e per avere sconti di pena.

 

 

La mafia vuole la vendetta, tu e tua madre avete scelto la Giustizia, dando continuità alla rottura che Peppino aveva operato negli anni della sua attività fino ad essere ripudiato dal padre mafioso. Avete buttato fuori dalla vostra casa i parenti mafiosi e deciso di costituirvi parte civile al processo contro gli assassini di Peppino. Cosa significa per voi essere diversi dalla mafia?

Per noi ha significato, e significa tuttora, rifiutare la loro logica, la loro cultura e il loro codice comportamentale. La lezione di mia madre è stata fondamentale per difendere i nostri valori di giustizia ed emancipazione. Quando, alla fine del processo, ha puntato il dito contro l’assassino del figlio, indicandolo come l’autore ed il mandante del delitto, ha avuto una grandissima dignità, non ha mostrato odio, ma molta serenità, tanta forza e tanto coraggio.

 

Vuoi dire che avete perdonato gli assassini di Peppino?

Ti rispondo con alcune frasi di Primo Levi che riguardano il fascismo, ma possono benissimo essere usate anche per la mafia: “Sono stato tentato dall’odio, ed anche con una certa violenza: ma io non sono un fascista (mafioso), io credo nella ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso, e perciò all’odio antepongo la giustizia. Non vorrei tuttavia che questo mio astenermi dal giudizio esplicito fosse confuso con un perdono indiscriminato. No, non ho perdonato nessuno dei colpevoli, né sono disposto ora o in avvenire a perdonare alcuno, a meno che non abbia dimostrato (con i fatti, non con le parole, e non troppo tardi) di essere diventato consapevole della colpa e degli errori del fascismo (dalla mafia) nostrano e straniero, e deciso a condannarli, a sradicarli dalla sua coscienza e da quella degli altri…”

 

Come pensi che oggi si possa contrastare la mafia, mantenendo sempre un livello di civiltà e democrazia?

Bisogna fare un grandissimo lavoro preventivo nella società civile. Ci sono quartieri, luoghi della società dove non vengono garantiti i diritti umani ed elementari che assicurano la libertà di scelta e dove è molto presente il rischio che si cada nelle mani della mafia. Abbiamo un altissimo livello di disoccupazione, in molti quartieri c’è sporcizia e mancanza di igiene, povertà, non ci sono case per tutti, non ci sono servizi, luoghi di aggregazione per i giovani, la sera in molte città c’è il coprifuoco. Le persone che si impegnano nel sociale sono lasciate sole, non si investono fondi sufficienti per le scuole, per la sanità, per combattere il degrado, per l’associazionismo, per aprire palestre, librerie e soprattutto luoghi di cultura. Tutto ciò fa attecchire la criminalità, la disgregazione, la diffusione di droghe, il vandalismo, il fenomeno delle baby gang. E’ questo il terreno fertile in cui attecchisce la mafia. Se non si farà un lavoro preventivo e non ci sarà una maturazione della società, non si potrà mai pensare di poter risolvere in profondità e per sempre il fenomeno mafioso; prima di pensare a provvedimenti come quelli discussi in questi giorni, bisognerebbe dare priorità a questi problemi. In questo caso saremo nelle condizioni di affrontare ciò che ha posto la Corte europea e la Corte costituzionale italiana.

Evelin Costa

Casa Memoria

 

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Foto in copertina da internet: Gaetano Badalamenti durante uno dei suoi processi

Foto in basso di Letizia Battaglia

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