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Interpretata da Lunetta Savino, la pellicola è diretta da Gianfranco Albano. Il regista ci illustra cosa ha significato per lui portare Felicia sullo schermo

Il 10 maggio su Rai 1 la storia di Felicia prenderà forma in un film per la tv. Sarà Lunetta Savino a portare sullo schermo il coraggio e la fierezza di Felicia. Il film, basato su una sceneggiatura di Monica Zappelli e Diego De Silva, è stato diretto da Gianfranco Albano.

 

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Il regista ci illustra cosa ha significato raccontare Felicia in un film.

Lei nella sua carriera ha realizzato molti film per la tv, cosa ha significato per lei come regista dirigere la storia di Felicia? Quali sono gli elementi che la differenziano dagli altri suoi lavori?

Questa è la seconda volta che mi capita di girare un film su persone esistite e ancora esistenti. Dieci anni fa ho girato ‘Il figlio della luna’ nel quale si raccontava (protagonista anche in quel caso Lunetta Savino) la vera storia di Lucia Frisone, una straordinaria donna siciliana disposta a tutto pur di offrire un destino umanamente degno al figlio gravemente disabile. Allora come adesso mi si è posto un pressante impegno etico: rispettare la personalità delle persone rappresentate pur all’interno di uno schema filmico che richiede, per definizione, la manipolazione della realtà per raggiungere la verità dei sentimenti e dei comportamenti; nel caso di Felicia essere all’altezza delle aspettative di coloro, che ancora oggi si battono perché la memoria di Peppino e di Felicia continui ad essere la bandiera di una vera battaglia antimafia. Dunque il mio problema non è stato fare ‘un bel film’, ma cercare di trovare una chiave espressiva che stimoli l’attenzione dello spettatore senza tradire il carattere e gli ideali delle persona rappresentate.

Dopo il successo del film “I Cento Passi”, che ha fatto conoscere al mondo la storia di Peppino Impastato, immaginiamo non sia stato facile affrontare questo lavoro sia dal punto di vista cinematografico che “storiografico”. Quali sono state le difficoltà maggiori nel girare il film su Felicia e quali invece gli elementi di forza?

La maggior difficoltà è come mettere in scena personalità, come Felicia, senza tradirle. Senza cadere nella tentazione della spettacolarizzazione dei sentimenti. E sfuggire al rischio del didascalismo e, peggio, della retorica.
Di Felicia esistono alcuni documenti filmati, sono le interviste che lei ha rilasciato nel corso della sua ventennale battaglia. Quei documenti, Lunetta e io, li abbiamo guardati e riguardati… Abbiamo incontrato il figlio, la nuora, i nipoti, gli amici di Felicia e non solo, per giorni e giorni li abbiamo tormentati con domande di tutti i generi, anche molto private, presi come eravamo dall’ansia di voler ‘conoscere’ Felicia. Conoscerla, cercare di capirla, per poi tentare di restituire sullo schermo l’essenza di quella personalità. Di quella persona.
L’essenza, crediamo, di averla individuata nella fierezza. Un comportamento e un luogo dell’anima, oggi, non molto di moda, tanto nella realtà reale come in quella virtuale.

Che cosa l’ha colpita di più della personalità di Felicia e della sua storia?

Intanto il non corrispondere allo stereotipo che ‘noi del nord’ siamo abituati, per superficialità, per incultura e per razzismo, ad attribuire alla figura femminile meridionale. E poi, la fierezza, così animale e insieme così profondamente umana. Quel suo ‘darsi’ senza il problema di dover ‘apparire’, senza cedere alle ricorrenti disillusioni, mantenendo serena forza e implacabile coerenza. Quel suo essere madre che sublima ogni dolore facendosi interprete del pensiero del figlio, sfidando tutto e tutti, pronta anche lei a sacrificarsi come il figlio per quel pensiero.

Lo sappiamo che è difficile giudicare il proprio lavoro, ma secondo lei qual è il risultato raggiunto e perché i telespettatori dovrebbero vedere la fiction su Felicia?  

Mi sembra che il film sia coerente e piuttosto rigoroso e quindi mi dichiaro soddisfatto, in attesa di passare gli esami del piccolo come del grande pubblico. Non volevo un film sul dolore, sul quale peraltro è abbastanza facile speculare. Sono così presuntuoso da credere che nemmeno Felicia lo avrebbe voluto. Volevo un film su un sentimento così poco di moda come la fierezza e credo che Lunetta Savino mi sia stata compagna meravigliosa nel perseguire quest’intento. Ora che il film è finito mi chiedo anch’io perché i telespettatori dovrebbero vederlo.
Perché appassionante? Credo di sì. Per avvicinare realtà che non si conoscono? Eh sì! Per l’interpretazione di Lunetta? Certo! Per non dimenticare Peppino e Felicia? Naturalmente.
Ma soprattutto perché non dovremmo mai perdere un’occasione per riflettere e per chiederci: perché la mafia? perché la ‘dittatura’ della mafia? perché, in nome di più o meno grandi o meschini privilegi, siamo quasi tutti disposti, siciliani e non, a farci servi e rinunciare a qualsiasi forma di libertà?

Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato

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