chinnici

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Oggi ricordiamo Rocco Chinnici ucciso a Palermo il 29 luglio 1983 da Cosa Nostra con una Fiat 126 imbottita di esplosivo davanti alla sua abitazione in via Pipitone Federico. Con il magistrato morirono, raggiunti dall’esplosione, il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta, ed il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. L’unico superstite fu l’autista Giovanni Paparcuri, ancora oggi impegnato in attività di lotta alla mafia.

La storia di Chinnici è legata all’idea dell’istituzione del “pool antimafia”, che diede una svolta decisiva nella lotta alla mafia. L’obiettivo del pool era quello di superare l’isolamento di giudici, poliziotti e servitori dello Stato che, indagando da soli, erano più vulnerabili. Entrarono a far parte della sua squadra alcuni giovani magistrati fra i quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il primo grande processo a Cosa Nostra, il cosiddetto maxi processo di Palermo, è il risultato del lavoro istruttorio svolto da Chinnici. Rocco Chinnici svolgeva anche attività culturali partecipando a congressi e convegni giuridici e socioculturali, e recandosi nelle scuole per parlare agli studenti della mafia e del pericolo della droga.

Chinnici ha avuto un ruolo molto importante nella vicenda processuale di Peppino Impastato. L’inchiesta riguardo il caso di Peppino era stata subito chiusa con la convinzione, diffusa dalle forze dell’ordine e condivisa da gran parte della magistratura, che si fosse trattato di un atto terroristico o un suicidio. Le denunce dei compagni, dei familiari di Peppino e del Centro Siciliano di Documentazione avevano poi fatto riaprire l’inchiesta. Chinnici si dimostrò subito un magistrato impegnato nella ricerca della verità. Il giudice Signorino che aveva seguito l’indagine, in un primo momento aveva condiviso le impostazione date dalle forze dell’ordine, ma dopo l’intervento di  Gaetano Costa, capo della Procura, aveva deciso di affrontare il caso come un delitto di mafia. Chinnici, allora consigliere capo, nel Novembre del 1978, seguì lo sviluppo delle indagini su Peppino Impastato costruendo un rapporto di fiducia con i compagni e con i familiari di Peppino. Mamma Felicia aveva una grande stima per questo magistrato con cui nel tempo costruì anche un grande rapporto umano. Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del giudice Consigliere istruttore Rocco Chinnici, assassinato nel luglio del 1983, emise una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, sostituto di Chinnici, in cui si riconosceva la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. 

Un grande riconoscimento ci lega a questo magistrato, un uomo che si è battuto per la giustizia e la verità.

Evelin Costa

Casa Memoria

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