Certe anticipazioni, o intuizioni, delle linee di tendenza del processo di ristrutturazione dell’apparato repressivo dello stato, per certi versi prodigiose, non riuscivano ad avere la dilatazione auspicabile e necessaria Al contrario, diveniva sempre più impraticabile ogni tentativo di dibattito e chiarificazione sulle contraddizioni vissute sulla nostra pelle: a partire dal problema fumo, su cui è stato impossibile articolare qualsiasi iniziativa per l’affiorare puntuale di paure e reticenze che stanno, in ultima analisi, alla base di ogni processo di aggregazione di questo tipo (la paura della perdita del rapporto e con esso della protezione del gruppo vissuto come padre collettivo). L’adesione alla proposta radicale degli otto referendum, seppure praticata sui suoi contenuti, ancora una volta, anche per limiti di carattere oggettivo, non è riuscita a trasferirsi sul terreno dell’iniziativa e della mobilitazione politica. Si consumava in maniera definitiva la rottura col PCI a partire dagli eventi che, su scala nazionale, collocavano il partito revisionista all’interno del processo di ristrutturazione e di germanizzazione. Continuavano, intanto, a cadere nel vuoto tutte le altre proposte nel senso dell’uscita all’esterno e nel sociale della struttura “La festa del sole”, che voleva essere un tentativo di recupero e di proposizione, di contenuti presenti all’interno del movimento di opposizione a livello nazionale (ironia, riappropriazione della vita) nel senso di un coinvolgimento di larghi settori giovanili, è abortita nella prima fase di gestazione, anche perché la situazione politica e le lotte del movimento raggiungevano livelli di particolare drammaticità (fatti di Roma e Bologna). Mafia, repressione familiare, disoccupazione Una seconda proposta di animazione teatrale di strada si arenava nel momento stesso in cui si poneva in termini di socializzazione dei bisogni e delle contraddizioni sul terreno politico. È stato, di fatto, il solo momento in cui il problema dell’intervento culturale è stato posto in maniera corretta: innanzi tutto nel senso della produzione autonoma, poi in quello di partire dalla propria realtà e dai propri bisogni vissuti come esseri sociali in rapporto all’esterno, infine nel senso del collegamento dialettico tra momento culturale, personale e politico. Uno dei motivi del fallimento della proposta è da ricercare nel modo stesso in cui essa è stata posta: cioè nella mancata considerazione degli interessi per forme specifiche e differenziate di produzione ed intervento culturale. Una mostra sul rapporto mafia-territorio, di cui si era cominciato a parlare a gennaio e che sarà allestita solo in luglio, non è stato possibile metterla in piedi, anche se proposta e riproposta in diverse occasioni e nonostante la disponibilità della documentazione, perché ogni qualvolta se ne discuteva non emergevano scelte precise. Una certa situazione di sfiducia collegata a momenti di accentuazione della repressione familiare vi contribuiva in maniera considerevole. Alcuni allontanamenti, anche se motivati in maniera diversa o non motivati affatto, riproponevano drammaticamente la precarietà del processo di aggregazione di “Musica e Cultura” e il nesso mafia-repressione familiare-disoccupazione. Un ultimo ciclo di proiezioni con materiali molto qualificati sul piano politico-culturale, che voleva essere l’apertura del discorso sulla repressione e sulla emarginazione sociale, in rapporto alla problematica nuova sui marginali e sul loro ruolo all’interno del processo di trasformazione sociale, concludeva infelicemente e senza dibattito il ciclo di attività del circolo “Musica e Cultura”. Da: G. Impastato, Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti, a cura di U. Santino. 2002, 2003, 2006