casermetta alcamo

Oggi vogliamo ricordarvi la storia di Giuseppe Gulotta, condannato a 22 anni di carcere, per la strage della casermetta di Alcamo avvenuta nel Gennaio del 1976. Due carabinieri vengono uccisi in una caserma in provincia di Trapani.

Dopo settimane di inutili perquisizioni nelle case di giovani esponenti della sinistra radicale e del Pci, in cui finisce anche Peppino Impastato, viene fermato un ragazzo con evidenti problemi psichici con una pistola.

“…Un branco di lupi in divisa capitanato dal colonnello Giuseppe Russo fa vomitare fuori – con pestaggi, minacce, finte esecuzioni, scariche elettriche ai testicoli, acqua e sale in gola, – la verità sulla strage a quattro ragazzini, di cui due minorenni, e tra questi Gulotta. Caso chiuso…”

A tal proposito pubblichiamo un volantino,scritto e diffuso a Cinisi da Peppino insieme ai compagni di Lotta Continua, dopo i fatti di Alcamo in cui si evidenzia il clima di terrore e di “caccia alle streghe” nei confronti dei giovani militanti di sinistra, e un articolo di Giovanni Impastato tratto dal libro “Peppino Impastato anatomia di un depistaggio”.

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 Mio fratello la strage di Alcamo Marina

Dopo la strage della casermetta di Alcamo le indagini furono subito indirizzate negli ambienti della sinistra. La nostra casa assieme a tante altre abitazioni di militanti di Lotta Continua e del Pci furono perquisite. Peppino 4 giorni dopo in un volantino denuncia il fatto e mette con chiarezza in evidenza la situazione di quel periodo, considerando una provocazione l’azione subita, denunciando in maniera pesante le collusioni fra la mafia, il neo-fascismo gli organi istituzionali, in particolare i carabinieri, definendo la nostra zona “campo incontrastato della mafia e di tanti traffici illeciti”, compreso quello delle armi. Oggi a distanza di tanti anni, per quanto riguarda l’omicidio mafioso di Peppino vengono aperte le indagini solo sul depistaggio, dopo avere ottenuto le condanne nei confronti dei mandanti, Gaetano Badalamenti all’ergastolo e il suo vice Vito Palazzolo a 30 anni, e dopo un altro grande risultato acquisito da parte della Commissione Antimafia che nel 2000 elabora e approva la relazione sui depistaggi, frutto del grande lavoro del Centro Impastato e delle testimonianze dei compagni e della famiglia. Penso sia un fatto importante che la procura stia indagando in questo momento in una precisa direzione, non capisco la perplessità di alcuni e le preoccupazioni di altri che pensano sia inutile andare avanti, convinti che ci sia il rischio di offuscare una grande vittoria sulla mafia. Non credo affatto a una cosa del genere, anzi penso che il tutto può contribuire a completare quella parte di verità che fino a ora ci manca. Forse molti hanno dimenticato le difficoltà che abbiamo avuto in passato per arrivare ai processi e alle condanne contro gli assassini di Peppino dopo più di 20 anni.

Mi rendo conto che ci troviamo di fronte a situazioni difficili con notevoli rischi, però penso sia il caso di andare avanti, una scelta del genere significa lottare per la democrazia e la verità. Mi sembra giusto sapere per quale motivo le persone che allora hanno tentato di infangare la memoria di Peppino facendolo passare per terrorista e suicida hanno fatto tutti una splendida carriera. Nello stesso tempo scoprire chi gli ha dato la possibilità di rimanere a occupare incarichi di grande delicatezza e di enorme responsabilità, invece di essere allontanati e incriminati per quello che hanno commesso. Purtroppo ancora oggi con la scusa delle prescrizioni che rendono impuniti un gran numero di criminali, non riusciamo a tirare fuori verità importanti, malgrado a distanza di tanti anni qualcuno venga assolto dopo che si è scoperto che la confessione gli è stata estorta con la tortura da parte dei carabinieri di allora. È il caso di Giuseppe Gulotta, uno dei primi imputati della strage della casermetta di Alcamo. Sono passati 36 anni, i miei ricordi sono ancora vivi, quando quella mattinata si presentarono a casa nostra (Corso Umberto n. 220, oggi Casa Memoria) i carabinieri per una lunga e dettagliata perquisizione senza trovare nulla (“esito negativo” come dicono loro). Nel giro di poco tempo veniamo a sapere che anche altri compagni del PCI di Cinisi subiscono la stessa sorte. Il solito clima di caccia alle streghe. Siamo veramente preoccupati, purtroppo non è stato possibile fare una volantino unitario, malgrado Peppino fosse d’accordo, i vertici del Pci non lo hanno permesso. Come al solito “volevano capire, bisognava fare piena luce”. Vecchia parola d’ordine che veniva spesso usata da loro. Peppino contatta alcuni compagni di Castellammare e di Alcamo per capire realmente da vicino quello che stava succedendo, si reca a Palermo per incontrare altri compagni di Lotta Continua, non sta un attimo fermo. Si decide a Cinisi di scrivere e diffondere un volantino molto duro. Un attacco contro i carabinieri e la mafia, mettendo in evidenza tutta una serie di traffici sporchi, dalla sofisticazione del vino al traffico di eroina con riferimento alla presenza di gruppi armati neofascisti, che nella zona si muovevano tranquillamente senza il minimo intervento dei carabinieri. Siamo quasi alla vigilia delle famose elezioni del 20 giugno ’76, dove la sinistra ottiene un grande risultato. Lotta Continua e gli altri gruppi non erano ancora rappresentati in parlamento, i compagni del pci di cinisi dopo aver subito le perquisizioni avevano chiesto a Peppino di preparare assieme un documento e raccogliere informazioni per una interrogazione parlamentare riguardante Cinisi e la zona, che però poi non è stata più fatta.

In questa occasione aveva già iniziato a documentarsi, aveva incontrato Francesca Messana, figlia di un deputato regionale del Pci, che pure lei aveva subito la perquisizione a casa sua. Qualche mese dopo, in un comizio in occasione della crisi di governo, si sofferma sulla strage di Alcamo rinnovando le accuse di connivenza tra mafia-carabinieri e gruppi neofascisti con preciso riferimento alla nostra zona, riprendendo un episodio di qualche anno prima: nel luglio 1973, in base ad una lista stilata dentro la caserma assieme a Salvatore Maltese e altri fascisti, ancora prima dello svolgimento dei fatti (lo scontro con alcuni fascisti), vengono denunciati 28 compagni di Lotta continua e del Pci per tentata violenza privata e lesioni aggravate (tra le persone denunciate alcune non avevano preso parte allo scontro). Questo è il periodo in cui Peppino svolge un lavoro attivo all’interno del Comitato di Controinformazione Democratica.

Nel ’76 invece si porta avanti una grande attività con il Circolo Musica e Cultura. Posso dire che per me quello è stato il momento più bello e più intenso dal punto di vista del mio impegno, in cui mi sono trovato più vicino a Peppino, non è stato così per quanto riguarda Radio Aut. Ho potuto notare in quel periodo, a casa nostra nello studio al primo piano, una carpetta verde chiaro non rigida con la scritta “Strage di Alcamo”, era un po’ gonfia, sicuramente all’interno c’erano delle carte, non mi sono permesso di aprirla, non mi incuriosiva affatto. Ricordo benissimo che è rimasta al suo posto per tantissimo tempo, un particolare che ho notato: la scritta non era a penna ma a matita nera. Non ho idea di quello che poteva contenere, sicuramente non si trattava di un dossier, non ho mai dichiarato una cosa del genere, però magari qualcosa di interessante l’avremmo sicuramente trovato. Non ne ho mai parlato con nessuno, non pensavo fosse così importante. Sono fermamente convinto che la mattina del 9 maggio quella carpetta si trovava al suo posto, purtroppo non mi hanno dato la possibilità di seguire la perquisizione, mi hanno portato subito in caserma. In quel momento nessuno pensava alla strage della casermetta di Alcamo. Qualcuno però ci ha pensato e avrà messo al sicuro quello che magari un giorno diventato interessante e pericoloso.

Giovanni Impastato

Febbraio 2012