peppino-impastato ok

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di Daniela Giannola tratto da www.cinisionline.it

 

Il giudice respinge la richiesta di archiviazione e ordina al pm Del Bene di continuare le indagini sulle manovre messe in atto dai carabinieri dopo l’omicidio di Peppino Impastato, avvenuto il 9 maggio del 1978 a Cinisi. Nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro militari dell’Arma.

  

Le indagini sui depistaggi attuati dagli inquirenti dopo l’uccisione di Peppino Impastato devono andare avanti. Lo ha stabilito Maria Pino, il giudice per le indagini preliminari di Palermo, rigettando l’istanza di archiviazione del pm Francesco Del Bene. Nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro militari dell’Arma i quali parteciparono alle perquisizioni in casa Impastato successive al’omicidio del giovane attivista antimafia di Cinisi: il generale Antonio Subranni per favoreggiamento, e i sottufficiali Francesco De Bono, Francesco Abramo e Carmelo Canale per falso. Reati che rischiano di cadere in prescrizione, motivo per cui il pm Del Bene aveva chiesto l’archiviazione. “La notte in cui morì Peppino i carabinieri vennero a casa nostra e sequestrarono diversi documenti appartenenti a mio fratello che raccolsero in quattro grandi sacchi neri. Quando, dopo mesi, chiesi la restituzione dei documenti mi riconsegnarono soltanto sei volantini”, ha dichiarato Giovanni Impastato, fratello del militante di DP, depositando in procura un esposto che aveva fatto aprire l’inchiesta nel 2011 per capire cosa era effettivamente accaduto nelle ore successive alla morte di Peppino. Il pm Del Bene aveva scoperto diverse falle nell’inchiesta dei militari dell’Arma. Nel 2011 gli investigatori si resero conto del fatto che Provvidenza Vitale, possibile testimone chiave dell’omicidio, non fu mai stata interrogata. La signora Vitale rappresenta una testimone chiave proprio perché casellante di turno al passaggio livello tra Cinisi e Terrasini la notte tra l’8 e il 9 maggio del ’78. I carabinieri scrissero che la testimone risultò irreperibile mentre la donna è sempre rimasta nella provincia di Palermo. Rintracciata 35 anni dopo dal pm, la donna, ormai novantenne, ricorda ben poco della notte dell’omicidio Impastato. Gli inquirenti durante le indagini sono entrati in possesso di un verbale redatto ai carabinieri il quale citava: “Elenco del materiale sequestrato informalmente a casa di Giuseppe Impastato”. Il “sequestro informale” è illegale. Agli atti un ulteriore verbale, questo autorizzato e formale, che certifica il sequestro di sei volantini e lettera, i quali contenevano scritti d’ispirazione politica con propositi di suicidio. Giovanni Impastato dichiara però che da casa loro fu portato via molto altro, tra cui appunti sulla strage della casermetta avvenuta ad Alcamo Marina. Caso, anche questo, ancora oggi pieno di incognite.

 

 Ad oggi i reati per falso e favoreggiamento sono caduti in prescrizione. Il reato che può ancora essere perseguibile, l’unico, è l’eventuale concorso in omicidio del militante cinisenze ribellatosi alla sua stessa famiglia di origine mafiosa.

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