giovanni

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Resistere alla mafia è possibile, combattendola con impegno civile, onestà e con il sorriso, come faceva Radio Aut

 

– Reggio Emilia, 9 febbraio 2015 – di Federico Bonati –

 

Il 9 maggio 1978 il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle BR, fu ritrovato in via Caetani a Roma. In quello stesso giorno, a Cinisi in Sicilia, veniva fatto esplodere Peppino Impastato. Una morte che fu inscenata come suicidio, con l’intento di far passare come attentatore di estrema sinistra Impastato, ma che si scoprì essere una montatura: Peppino Impastato fu ucciso su mandato di Gaetano Badalamenti, mafioso.

Ancora oggi, a trentasette anni dalla sua scomparsa, la figura e il ricordo di Peppino Impastato, una figura straordinaria per la democrazia, che lottò la mafia con l’impegno civile e con la satira, è più viva che mai, grazie anche alle suggestive parole del fratello, Giovanni Impastato. Per il ciclo “Teatro e Legalità” promosso da Noveteatro, Giovanni Impastato è giunto nel reggiano per una tre giorni dedicata alla memoria del fratello, attraverso spezzoni del film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana, attraverso letture del libro dello stesso Impastato “Resistere a Mafiopoli” e con un botta e risposta finale tra il pubblico e l’ospite.

Nel corso della serata, Giovanni rievoca i ricordi di famiglia, aprendo metaforicamente al pubblico il proprio “album dei ricordi”: il rapporto col padre anch’egli mafioso, gli screzi infantili e l’avvicinamento a Peppino, la lotta nel ricordo del suo nome assieme alla madre Felicia dopo l’assassinio del fratello.

C’è uno spaccato d’Italia, un racconto svoltosi nel cuore della Sicilia, di chi arrivato ad un certo punto, non può più fare finta di niente. Una storia di satira con Radio Aut e la mitica trasmissione “Onda Pazza”, ma allo stesso tempo una storia di depistaggi e insabbiamenti, a dimostrazione di quanto il cancro mafioso sia stato e, purtroppo, sia ancora inserito nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine.

Una storia di chi, invece, riaprì il caso Impastato dopo l’archiviazione: da Gaetano Costa a Rocco Chinnici fino a Giovanni Falcone, con una triste considerazione finale: chi favorì l’insabbiamento e il depistaggio delle indagini fece una brillante carriera, mentre chi cercò di fare luce sulla vicenda finì assassinato dalla mafia, ad eccezione di Antonio Caponetto. Inutile commentare ulteriormente.

Impastato parla poi di Casa Memoria, casa natale dei fratelli Impastato, divenuta oggi museo alla memoria di Peppino e inno alla libertà, parla di quei cento passi che la dividono da casa Badalamenti, attualmente affidata alla famiglia Impastato dopo l’esproprio, parla delle pietre d’inciampo sulle quali è vivo il ricordo della vita e della lotta di Peppino. Conclude poi con una frase eloquente: “La mafia non è invincibile”. Il signor Giovanni Impastato ha gentilmente risposto ad alcune domande del pubblico al termine della serata, e anche a quelle della Gazzetta dell’Emilia. Giovanni, l’operazione Aemilia ha fatto capire una cosa: la mafia è arrivata anche al Nord ed è entrata nei luoghi di potere. Che riflessione si può trarre? La mafia ha cambiato strategia, segue i flussi di denaro, l’economia, la finanza, è entrata negli studi medici e dei professionisti, ecco perché si parla di borghesia mafiosa.

Anche l’Emilia, terra di principi e di efficienza, è stata intaccata da ciò, basti pensare che Gaetano Badalamenti fu mandato al confino a Sassuolo, e acquistando un’azienda di ceramica, riciclò denaro sporco. Se mi si chiede se oggi ci sia più mafia in Sicilia o in Lombardia non ho dubbi, decisamente in Lombardia, pensiamo a quello che è successo col caso Expo.

Falcone diceva che la mafia, come ogni storia, ha un inizio e una fine; il problema è che manca la volontà politica di abbatterla. Portando in giro per l’Italia la storia e il ricordo di suo fratello, le sembra di portare avanti ancora le sue battaglie? Si. Le battaglie di Peppino, le sue iniziative a livello ecologico e sulla salvaguardia dell’ambiente sono più attuali che mai. La sua è una storia d’impegno sociale, di lotta e di passione.

Che idea ha del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il cui fratello Piersanti fu ucciso in un attentato mafioso? Mi sembra una brava persona, con una forte coscienza democratica. Sono convinto che farà bene essendo, inoltre, una persona che nutre un profondo rispetto nei confronti della costituzione.

La storia insegna che chi si fa avvinghiare dai tentacoli della mafia, divenendone colluso, riesce a fare una brillante carriera nel nostro paese. Ma la storia insegna che c’è anche chi dice no, chi lotta e muore, ma che non si piega mai, il cui ricordo e le cui battaglie sono portati avanti da altre persone, perché come diceva Peppino: “La mafia è una montagna di merda”. Sono quelli come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, il Generale Dalla Chiesa, e più recentemente Roberto Saviano, Don Ciotti, Pino Maniaci, i ragazzi di Addio Pizzo. Sono quelli come Peppino. Ed è grazie a loro e a chi, seguendo il loro esempio, lotta, vive e si impegna ogni giorno nel proprio piccolo, che l’Italia ce la farà.

Pubblicato in La gazzetta dell’ Emilia

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