Lo stupro da tempi immemori è stato usato come strumento di potere, di punizione, di umiliazione. Anche lo stupro di gruppo perpetrato alcuni giorni fa da un branco di giovanissimi palermitani ai danni di un’inerme ragazza, rientra in questa terribile logica, per capirlo basta leggere quei vergognosi messaggi che i protagonisti di questo crimine si sono scambiati tra loro.

Lo stupro è stato usato nelle guerre dai soldati a cui non bastava uccidere e depredare i territori conquistati, dovevano anche punire le donne, violentarle come ulteriore imposizione di supremazia e umiliazione. Lo stupro è strumento di guerra e di dominio. Il predatore ha bisogno di questo per sentirsi forte, soprattutto quando è coperto dal branco e soprattutto se di fronte ha una donna che non riesce a difendersi. Non c’è mai stata sufficiente indignazione di fronte a questo. Non si sono prese adeguatamente in considerazione le ricadute psicologiche, culturali e sociali che storicamente tutto ciò ha potuto determinare nei rapporti tra i generi. Tanto la convinzione era che alle donne non creasse troppe sofferenze, del resto fino a cinquant’anni fa moltissime donne erano costrette a subire quotidianamente rapporti sessuali non desiderati (che possiamo considerare al pari degli stupri) all’interno del matrimonio combinato, o erano costrette a sposare i propri aguzzini e violentatori con i matrimoni riparatori, la donna doveva sottomettersi ed accettare qualcosa di non gradito per non creare problemi alla famiglia e alla società, si preferiva pensare che alla donna stesse bene o che in fondo le piacesse, perché c’è una delirante e malefica convinzione tipica di una mentalità patriarcale e maschilista, che alle donne piaccia essere violentate, che se la cerchino, che non si ribellino a sufficienza, che “se la facciano passare presto” oppure addirittura che questa violenza la provochino per un gusto subdolo che hanno nel sentirsi vittime.  Poi succede “il fatto del giorno” e tutti si sconvolgono, scrivono sui social, insultano i mostri (che lo sono, anche se fino ad ieri erano totalmente integrati in questa società e non sono poi così rari come vogliono farci credere). La violenza in questo caso è stata talmente esplicita e crudele, tutta ripresa da video e con l’aggiunta di chat molto eloquenti e descrittive che, nemmeno chi era già pronto ad additare la ragazza come la solita “poco di buono che aveva bevuto e fumato”, ha avuto il coraggio di dirlo. Questa volta è stato troppo e le male lingue si sono frenate (almeno finora). Ma tutte le altre volte in cui anche a livello giuridico hanno trattato la vittima di stupro come una che se l’era cercata? Tutte le volte che i giornali hanno denigrato “la poco di buono opportunista” che ha cercato di infamare, magari per soldi o fama, il figlio di un potente di turno? Tutte le volte che lo stupratore era confuso tanto da non aver capito che c’era un diniego e che la ragazza non fosse consenziente? Tutte le volte che la donna sfregiata, uccisa o pubblicamente messa alla gogna sui social era solo “una che se lo meritava perché ha tradito o lasciato il marito, fidanzato o compagno facendolo soffrire di un dolore insopportabile (la gelosia, quell’edulcorato mal d’amore talmente esagerato da non poter essere represso o gestito con maturità e dignità da chi lo prova)”? Adesso tutti vedono il gruppo di mostri, solo perché una ragazza ha avuto il coraggio di denunciare, ma quanti mostri ci sono in questa società? Quante volte è già capitato, magari senza evidenze così estreme (o forse sì)? Quante volte ci sono stati palpeggiamenti, molestie o violenze non volute e subite? Quanti “no” non sono stati ascoltati? Quante ragazze non hanno avuto la forza di denunciare? Quante donne hanno denunciato e sono diventate doppiamente vittime, anche di una giustizia che non ha saputo comprenderle e tutelarle e di una società che alla fine le ha emarginate (perché la vergogna la fanno sentire alla donna violentata, come se la colpa alla fine piombasse sempre e comunque su di lei). I mostri ci sono, ma camminano nelle nostre strade, entrano nelle nostre scuole, nei nostri uffici e negozi e sembrano normali, magari anche alle loro madri e ai loro padri che li accontentano e li educano ad essere maschi, ad essere forti, ad ottenere sempre ciò che vogliono. I mostri ci sono e quando si ritrovano in branco sono così idioti che non c’è nemmeno uno di loro che si renda conto di quello che stanno facendo e che fermi tutti gli altri. I mostri ci sono e traggono piacere da qualcosa di così brutale e disumano, che dimostra come non abbiano capito nulla del piacere e soprattutto della sessualità che è un atto di comunicazione, di amore, di scambio, di reciprocità, di relazione, di gioia comune. Mentre loro scambiano la vita per un porno, incapaci di provare qualunque sentimento, nemmeno la pietà, nemmeno la vergogna per sé stessi. I mostri ci sono e si convincono che devono punire una ragazza soprattutto se è una ragazza libera, devono imporle il loro potere e soggiogarne l’esuberanza. I mostri ci sono ed i loro genitori li difenderanno perché “a casa sono dei bravi ragazzi educati e buoni e sicuramente è lei la poco di buono, subdola ed approfittatrice”, i mostri ci sono, usciranno dal carcere, come quelli che hanno ucciso le loro ex fidanzate, come quelle a cui hanno bruciato il volto con l’acido, come quelli che non avevano capito che lei non voleva, come quelli che “tanto lei aveva bevuto”, come quelli che hanno picchiato le loro mogli. L’indignazione generalizzata finirà, tutti pronti per il nuovo caso di cronaca, tutti pronti a giudicare la nuova ragazza che pubblica foto sexy su instagram, tutti ad insultare quelle che escono la sera da sole con i maschi, quelle che bevono… del resto loro sono le colpevoli e a loro dobbiamo insegnare come stare attente e se non lo capiscono, se la sono cercata. Tutti abbiamo una figlia, una madre, una sorella, una cugina, una nipote, tutte hanno diritto di essere libere e non per questo essere punite. Oggi la nostra sorella è questa giovane donna a cui diamo la nostra vicinanza e ci auguriamo possa essere difesa, protetta, aiutata.

La nostra società va salvata, c’è sempre più un disperato senso di ingiustizia, degrado, solitudine, il dilagare di dipendenze di vario tipo (frutto di tanta disperazione e smarrimento), c’è povertà economica e di sentimenti, c’è vuoto e paura, c’è confusione, c’è ignoranza culturale ed anche sentimentale. Non ci sono ricette sicure, ma possiamo cominciare dal chiedere di riformare la Giustizia, affinché le donne possano veramente fidarsi sentendosi finalmente tutelate, bisogna inoltre trattare in profondità l’aspetto culturale ed educativo a partire dall’introduzione nelle scuole dell’educazione affettiva, sessuale e sentimentale. Anche i media dovrebbero affrontare diversamente il tema della violenza di genere, non si possono raccontare certi fatti come fosse gossip o con un linguaggio volgare e discriminatorio, come spesso avviene. Noi vediamo segnali di speranza, ma dobbiamo darci tutti una risvegliata, metterci in gioco come protagonisti di questo processo di trasformazione e farci delle domande: quanto ognuno di noi è disposto a cambiare? Quanto siamo disposti ad ascoltare il grido delle donne e ad accoglierlo? Quanto siamo disposti a lottare per restituire dignità alle nostre sorelle, ma ancora più in generale, quanto siamo disposti a batterci per costruire una società più umana, libera, inclusiva, dignitosa per tutt*?

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