giovanni impastato

giovanni impastato

 

Oggi nasce il blog di Musica e Cultura. Questo spazio del sito di Casa Memoria ci servirà per approfondire alcuni aspetti della vita culturale e artistica del Paese, per stimolare il dibattito critico fra i lettori del sito e i sostenitori delle attività dell’associazione casa memoria. Crediamo che onorare la memoria di Peppino Impastato imponga anche uno sforzo nella direzione dell’approfondimento dei fenomeni culturali e sociali della contemporaneità. Bisogna innanzi tutto rendere esplicito un nostro convincimento: la cultura, l’arte, l’analisi critica, il dibattito culturale non possono essere, nell’attuale sistema economico e politico, strumenti che da soli possono portare ad un avanzamento nella lotta alle mafie come non le possono sconfiggere con la sola repressione le forze di polizia o la magistratura. Per citare il documento conclusivo del forum sociale antimafia tenuto a Cinisi nel 2002, il primo dopo i fatti del g8 di Genova <>. Intendiamo, in questo spazio, tenere un punto di vista “partigiano”: le riflessioni, le letture, le analisi saranno sempre quelle che individuano nel conflitto fra capitale, lavoro e sfruttamento delle risorse naturali la lente che utilizziamo per guardare il mondo. Gran parte delle energie e delle attività sociali svolte a Cinisi da Peppino durante gli anni dell’impegno e fino al momento del suo assassinio avevano, è bene ricordarlo, questo indirizzo ideologico.

Approfittiamo della disponibilità di Giovanni Impastato per approfondire alcune questioni legate all’attività culturale e politica di suo fratello Peppino e al contesto storico, sociale e politico nel quale operava.
La prima cosa che vogliamo chiederti riguarda la notizia, di questi giorni, che il giudice per le indagini preliminari Maria Pino ha deciso di prorogare di sei mesi l’inchiesta sul depistaggio delle indagini per l’assassinio di Peppino . Le indagini sono state riaperte grazie ad una tua denuncia riguardante la mancata riconsegna, a 36 anni da un illecito sequestro, di molto materiale documentale prodotto da Peppino nel periodo antecedente il suo omicidio. Il depistaggio inscenato dagli organi inquirenti la notte del ritrovamento dei resti di Peppino, depistaggio confermato nella relazione della commissione parlamentare antimafia approvata il 6 dicembre del 2000, mostra con chiarezza che la mafia dei Badalamenti e pezzi dello Stato Italiano operavano in stretta connessione e “trattavano”. Perché secondo te l’omicidio di Peppino si voleva fare passare per un attentato terroristico?
Beh, non è facile rispondere a questa domanda… bisogna fare i conti con uno dei vizi capitali delle moderne democrazie occidentali, ovvero l’uso di strumenti non democratici per preparare l’opinione pubblica a un duro cambiamento, in genere di tipo autoritario, da parte dei governi, ovvero la strategia della tensione. Nella storia d’Italia si è verificato, in più periodi storici, che le forze contrarie al rinnovamento della società, al progresso e alla giustizia sociale si siano messe insieme per fermare il cambiamento. È successo con la repressione dei fasci siciliani, con la strage di Portella delle Ginestre e le bombe alle camere del lavoro del ’47, in tutto il periodo che oggi ricordiamo come ” gli anni di piombo” e al G8 di Genova. Bisogna dire che il 9 maggio 1978 fu uno dei giorni più bui della Repubblica Italiana: il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro a Roma generò nell’opinione pubblica una reazione di sdegno e di sfiducia verso i movimenti radicali, e già da anni in Italia operava una polizia politica che usava metodi più consoni alla Grecia dei colonnelli o al Cile di Pinochet che al Bel Paese democristiano…Su quanto successo, sul perché siano state depistate le indagini si sono fatte molte ipotesi.
Tu hai memoria di molti manoscritti, volantini e materiale documentale conservato a casa vostra e scomparso la notte della perquisizione, almeno quattro o cinque sacchi di materiale. Puoi raccontarci delle inquietanti connessioni fra l’uccisione dei due giovani carabinieri nel gennaio ’76 ad Alcamo e le perquisizioni dei carabinieri in casa vostra?
Attenendoci esclusivamente alle verità documentali e processuali risaltano alcune coincidenze e alcuni fatti che ci hanno spinto a chiedere di riaprire il processo per fare luce su quanti hanno ordito il depistaggio dentro cosa nostra e dall’interno degli apparati statali. Non c’è dubbio che il processo che ha individuato in Gaetano Badalamenti e Vito Palazzolo i mandanti dell’omicidio sia il punto fermo dal quale partire, ma è certo che l’attività di inchiesta sul territorio che Peppino conduceva come militante politico e antifascista lo portavano a dare una lettura politica alle collusioni fra mafiosi e forze dell’ordine nel nostro territorio e ad attenzionare gli strani movimenti di alcuni esponenti neofascisti di “rilievo” nazionale in giro per la Sicilia… è il periodo in cui Peppino svolge un lavoro attivo all’interno del comitato di controinformazione democratica, grande impegno antifascista, e infatti, nel luglio del ’73 vengono denunciati 28 compagni di lotta continua e del PC per violenza privata e lesioni aggravate. La denuncia era già pronta prima che ci fossero gli scontri, sulla base di una lista stilata dentro alla caserma di Cinisi dai carabinieri insieme a Salvatore Maltese ed altri fascisti. Così successe che tra le persone denunciate alcune non avevano preso parte allo scontro. Io invece ne presi parte, sono fra i denunciati, e ricordo con emozione che anche mia madre partecipò agli scontri, avvenuti nei pressi di casa nostra: la ricordo che afferrava per i capelli un fascista che stava sopra Peppino nel tentativo di picchiarlo! …nel gennaio ’76 Peppino e i suoi compagni erano rimasti impressionati dai fatti di Alcamo Marina: due giovani carabinieri furono trovati morti dentro la casermetta di Alcamar dalla scorta di Giorgio Almirante, segretario del MSI, che si trovava nei paraggi per un comizio. Nei giorni successivi alla strage della casermetta i carabinieri del gruppo del colonnello Russo condussero, a seguito di una fantomatica rivendicazione delle brigate rosse immediatamente smentita dall’organizzazione terroristica, una serie di perquisizioni nelle abitazioni dei militanti più attivi della sinistra nel territorio del golfo di Castellammare. Fu perquisita anche casa nostra, ma ovviamente non fu trovato nulla. Peppino, che in quel periodo stava raccogliendo informazioni a supporto del suo convincimento riguardo traffici di armi e collegamenti fra forze armate, esponenti del neofascismo e mafia, non esitò a redigere un volantino di due pagine a firma Lotta Continua nel quale denunciava le connivenze fra i carabinieri del territorio e la mafia, e parlava dei fatti di Alcamar come di un episodio da correlare alla strategia della tensione. Oggi sappiamo, grazie alla confessione del brigadiere Olino, carabiniere del nucleo politico giunto in quella occasione a supporto degli uomini di Russo, che nell’ambito delle indagini sui fatti di Alcamo i carabinieri del nucleo comandato dal colonnello Russo commisero torture atroci, crimini e pesanti depistaggi con lo scopo di orientare e chiudere velocemente le indagini……Peppino in seguito continuò a raccogliere materiale riguardante quell’episodio: ho memoria di una carpetta abbastanza rigonfia di documentazione che riportava una scritta a matita, “strage della casermetta di Alcamo”. Il 9 maggio ’78, immediatamente dopo l’omicidio di Peppino, i carabinieri tornarono nella nostra casa per un’altra perquisizione, sequestrando illegittimamente moltissimo materiale, senza permettermi di seguire fino alla fine le operazioni per vedere ciò che prelevarono perché fui portato quasi di peso in caserma. Portarono via illecitamente moltissimo materiale, la gran parte del quale non è stato dissequestrato perché non ce ne sono più tracce, e della carpetta riguardante la strage di Alcamo Marina non se ne hanno notizie……
Peppino era stato decretato “terrorista”, c’era un’evidente strategia per depistare le indagini, coprire l’omicidio mafioso e alimentare il clima di terrore nel paese. Le indagini furono condotte dal maggiore Subranni, militare della stessa “scuola” del torturatore e depistatore Russo, che nel frattempo era stato ucciso in un agguato, forse a causa di suoi coinvolgimenti (era consulente di alcune imprese) con ambienti mafiosi vicini a Badalamenti. Oggi sappiamo che in quegli anni esisteva Gladio, un progetto militare “stay behind” della NATO, che operava tessendo trame nere fra servizi segreti, forze armate, mafia e ambienti neofascisti, il cui scopo era proprio quello di bloccare il rinnovamento politico in chiave progressista e comunista.

Quindi la strategia della tensione dietro il depistaggio….
Di sicuro c’è che nel clima tesissimo dell’Italia del maggio ’78 quanti più terroristi rossi “saltavano fuori” tanto più, si sarebbe consolidato il potere della peggiore Democrazia Cristiana di Andreotti, che in quel momento presiedeva il “governo di solidarietà nazionale” proprio in funzione di lotta al terrorismo. E Gaetano Badalamenti, ancora boss indiscusso di Cinisi e dintorni, e la DC della corrente andreottiana avevano rapporti molto saldi sia sul territorio che nei palazzi del potere.
Ma non bisogna pensare a quegli anni di incredibile impegno politico come ad anni tristi, grigi o peggio di “Piombo”…in quegli stessi anni prese vita il circolo musica e cultura, si scopriva un nuovo modo di vivere, si scopriva della musica bellissima, dei film straordinari ed era molto bello ritrovarsi fra compagni a preparare una proiezione, una mostra o un concerto……

Giovanni, tu frequentavi il “circolo musica e cultura”, sei stato fra i curatori di tutti i cicli di cineforum fatti all’interno del circolo, e hai preso parte attivamente a tutte le esperienze, come quella del carnevale alternativo: puoi dirci secondo te quali sono i passaggi più importanti nella nascita e nella vita del circolo musica e cultura?
Man mano che si studia la vicenda umana e politica di Peppino si fa evidente la grande peculiarità della sua figura nell’intero panorama dei militanti politici e dell’antimafia: il suo impegno antimafia, che scaturisce da una presa di coscienza individuale, per lui che era un giovane cresciuto in una famiglia mafiosa si trasforma in breve tempo in progetto culturale e politico di respiro collettivo. Peppino ben presto comprese che la musica, il cinema e l’arte in generale potevano aggregare un grande numero di ragazzi fra Cinisi e Terrasini, e che in un periodo di grandi cambiamenti come furono gli anni fra il 68 e il 78, in quei gruppi poteva riprendere fiato il movimento antimafia. Peppino capì immediatamente che la comunicazione è fondamentale per combattere il sistema e il potere mafioso. Lo comprese al punto che usò da subito lo strumento del giornale, nel ’65 fondò “L’idea”, poi il “Circolo Musica e Cultura” dove si approfondivano molte tematiche di attualità grazie al linguaggio cinematografico, al teatro e alla musica “alternativa”, fino ad approdate a quella importantissima esperienza che fu radio Aut.
Come nacque il circolo? Cosa si faceva? Sappiamo che si formarono vari collettivi all’interno del circolo…
Il circolo Musica e cultura fu un’esperienza straordinaria, sicuramente il momento culturalmente più interessante che ha vissuto il paese di Cinisi nella sua storia: il circolo nacque da un diniego, il rifiuto di concedere le cripte della chiesa del SS Sacramento ad un gruppo musicale che alcuni ragazzi insieme a Francesco Impastato avevano costituito. Il concerto poi si tenne lo stesso all’interno dell’aula consiliare, concessoci in assenza del sindaco dal vicesindaco comunista Franco Maniaci. Dopo quel concerto, che ebbe un grandissimo successo, venne l’idea di affittare un locale per farci i concerti, e quel posto ben presto diventò frequentatissimo dai ragazzi più “alternativi” di Cinisi e dei paesi vicini.
All’interno del Circolo Musica e Cultura molte ragazze del paese cominciarono ad avvertire l’esigenza di avere un loro spazio e di aprire momenti d’analisi sulla condizione e sul ruolo della donna nella società mafiosa, e, più generalmente, nel sistema capitalista: alcuni testi, disponibili presso la biblioteca (era una biblioteca compartecipata) del circolo “Musica e Cultura” sono ancora considerati testi fondamentali del movimento femminista…Era difficile e per molti aspetti impensabile che una decina di ragazze, in un paese come Cinisi, si riunissero , si definissero “femministe” e addirittura si esponessero con i comizi in pubblica piazza. La reazione degli ambienti più conservatori arrivò subito attraverso la diffamazione: le componenti del collettivo erano “buttane” o lesbiche o, in ogni caso, gente che avrebbe fatto meglio a starsene a casa a fare i lavori domestici. Le analisi del Collettivo mettevano in discussione il ruolo della donna costretta a subire e a trasmettere ai figli il codice comportamentale mafioso, quindi omertà, servilismo, spirito di vendetta, rassegnazione. Le compagne del circolo vennero dipinte come ragazze “sbandate”, delle poco di buono, ma in realtà quelle erano delle normalissime ragazze, solo più sensibili, più colte e con più coscienza politica delle persone che vivevano a Cinisi, e i cinisensi, con la loro cultura mafiosa e conservatrice non perdonavano loro la ribellione alle autorità che non riconoscevano, prime fra tutte quella paterna, lo stato e i mafiosi. L’arrivo delle ragazze portò una boccata di ossigeno all’interno del gruppo, molto spesso le ragazze si fecero promotrici di molti interessanti dibattiti, facendoci scoprire, insegnandoci che il nostro punto di vista solo maschile spesso non bastava a comprendere a fondo molte questioni riguardanti la società. Oltre a quello femminista un’altra importante esperienza fu quella del collettivo antinucleare, che portò a una teatralizzazione della morte per disastro nucleare che Impressionò le coscienze assopite dei compaesani.
Da qualche settimana casa memoria ha dato alle stampe il volumetto intitolato “la memoria e l’arte”, catalogo che raccoglie solo alcune delle molte opere tributate alla memoria di Peppino, quelle custodite dentro la casa museo di corso Umberto 220 a Cinisi. Appare evidente a tutti che la memoria di Peppino si è legata a doppio filo con la produzione di molti artisti. Questo è abbastanza inusuale per un “martire” della lotta alla mafia e abbastanza inconsueto per un militante politico. Come mai, secondo te, la figura di tuo fratello e la memoria delle sue battaglie ha ispirato così tanti artisti?
Perché Peppino è stato precursore di un nuovo modo di condurre le battaglie antimafia e politiche e ambientali insieme, che oggi noi definiamo “antimafia sociale”, ma con un’attenzione particolare alla comunicazione. Peppino era un giovane di provincia, viveva a Cinisi ma era collegato con i più importanti circoli culturali “alternativi” palermitani, e da lì attingeva gli stimoli di quegli anni in pieno fermento culturale. Da noi il 68 francese è durato dieci anni….l’esperienza di frequentazioni dei “Circoli Ottobre” è stata importante, da quei circoli si potevano prendere molti contatti e ispirazioni per riproporre l’attività culturale anche in un piccolo centro come Cinisi. Lui era estremamente sensibile, e comprese quanto, oltre all’ideologia politica, alla lotta di classe, all’ ortodossia marxista , fosse importante raccogliere le istanze delle persone più umili e indifese che nulla sapevano della coscienza di classe. Credo che l’organizzazione delle battaglie al fianco dei contadini contro la costruzione della terza pista dell’aeroporto e le inchieste e mostre sulla devastazione del territorio abbiano fatto riflettere molto Peppino sulla necessità di conservare la bellezza del mondo rurale e contadino, e gli fecero maturare la convinzione che lo sviluppo economico selvaggio avrebbe cancellato la semplicità e la bellezza dai territori allo stesso modo di come le cancellavano la mafia con le speculazioni edilizie e la cementificazioni.
Certamente Peppino fu molto influenzato dalla lettura e dai film di Pasolini, aveva una sensibilità molto spiccata, una dimensione intima e personale che sembrerebbe stridere con la vivacità politica che mostrava nelle trasmissioni alla radio e nei comizi. Questa condizione è stata magistralmente sintetizzata nel film “I cento passi”, nella famosa scena in cui Peppino parla della bellezza: per questo amo quella scena, perché mi ricorda Peppino nella complessità di sentimenti che lo animavano, e mi batto contro quanti vorrebbero cambiare la memoria ricordandolo o soltanto come un militante comunista o soltanto come un giovane morto per mano della mafia. Peppino era un giovane con una grande sensibilità che gli permetteva di guardare alla sua terra e alla sua gente con un amore ma anche con una sofferenza tipica di un animo artistico. E chi approfondisce la conoscenza della produzione di poesie, degli scritti e delle trasmissioni radio se ne accorge. Per questo Peppino stimola tanto l’immaginario degli artisti, perché gli artisti forse lo capiscono più a fondo …..

La battaglia legale per vedere riconosciuto Peppino vittima di mafia e incriminare i mandanti dell’omicidio è durata più di 20 anni. Subito dopo è arrivato il film “I cento passi” e da lì in poi tuo fratello e tua madre sono diventati un esempio da seguire per centinaia di migliaia di persone in Italia e nel mondo. Oggi casa memoria, la casa dove ha vissuto la tua famiglia, è diventata il luogo di memoria più visitato d’Italia, conta decine di migliaia di visite l’anno, ma capita ancora oggi che a qualcuno la figura di Peppino proprio non vada giù…
Certo, è proprio così. Casa memoria è visitatissima, certe giornate arrivano tre- quatto pullman di ragazzi in visita d’istruzione e noi li accogliamo tutti, e a tutti ricordiamo chi era Peppino, e le battaglie per la legalità che ha condotto lui in vita e noi come famiglia insieme al Centro Siciliano di Documentazione e ai compagni dopo il suo assassinio. Il luogo fisico, l’altare laico, come l’ha definito Umberto Santino, la casa di corso Umberto 220 è diventata quello che è per decisione di mia madre Felicia, già dal giorno dopo il brutale assassinio di mio fratello: mia madre era una donna che aveva sposato un mafioso, e nelle leggi non scritte della mafia chi subisce un lutto come quello che le toccò lo deve vivere in silenzio, aspettando la vendetta per mano di qualche parente. Ma Felicia scelse di interrompere la catena di sangue e invece della vendetta e del silenzio scelse di denunciare Badalamenti e difendere la memoria del figlio. E lo fece nei tribunali ma soprattutto nella sua casa, ogni santo giorno, pronta a ricevere chiunque. Una cosa davvero impressionante era che Felicia riceveva esattamente alla stessa maniera un giudice o un ex detenuto, una scolaresca elementare o l’intera commissione parlamentare antimafia…potrei dire che riceveva le persone con la gratitudine che mostra una mamma a chi viene a rendere omaggio al figlio. Era commovente. Dal 2004, anno nel quale è morta, abbiamo deciso di continuare ad accogliere tutti i visitatori con lo stesso affetto, la stessa gratitudine. È un sacrificio enorme, io sono sempre in giro per l’Italia, per le numerosissime iniziative in ricordo di mio fratello. Siamo sempre riusciti a fare fronte ai notevoli impegni grazie ai volontari che negli anni si sono alternati, e in qualche modo ce la faremo ancora in futuro. Ma come dicevi tu, ancora c’è gente che non sopporta proprio che Peppino venga ricordato. Succede a Cinisi, ma anche in altre parti d’Italia. Per esempio mi spiace ricordare un pessimo sindaco leghista, il sindaco di Ponteranica, che come primo atto pubblico da primo cittadino, all’indomani della sua vittoria alle elezioni, fece togliere l’intitolazione della biblioteca comunale a Peppino, perché diceva che ricordare Impastato in Lombardia non era necessario, la mafia era un problema del sud e quindi l’intitolazione a Peppino Impastato era una forzatura…. I fatti di mafia che hanno coinvolto la Lombardia negli anni a seguire stanno a dimostrare che l’esempio di Peppino poteva risvegliare gli animi e le coscienze, aprire gli occhi su appalti, pizzo e traffico di droga e armi. Tutte cose delle quali è meglio negare l’esistenza fino a quando è possibile…altro che lavorare per svegliare le coscienze come aveva fatto il comitato promotore per l’intitolazione a mio fratello!!… Gliene ho dette veramente tante, sia nei comizi che via mail, al sindaco leghista Aldegani, al quotidiano la Padania e ai vertici della Lega. Si sono bevuti tutto senza fiatare, si sono resi conto della sciocchezza del loro gesto, ma la targa non è più tornata al suo posto….i ragazzi di Ponteranica piantarono pure un albero della “legalità”: anche quello fu sradicato una notte da qualche balordo…una pagina vergognosa , una vergogna alimentata dalla Lega e dai suoi dirigenti…
Ma sono tanti, tantissimi i tentativi di cancellare o sminuire la memoria di Peppino che abbiamo dovuto affrontare negli anni…Per esempio, uno degli ultimi, clamoroso, è stata la decisione di una preside di Castelvetrano (il paese di Matteo Messina Denaro) di non eseguire quanto già disposto dal consiglio di istituto, ovvero di intitolare l’aula magna del liceo Michele Cipolla a Peppino e a Rita Atria. La sua prima preoccupazione è stata quella di togliere dalle pareti della scuola ogni manifesto, locandina o traccia delle tante iniziative antimafia realizzate negli anni scorsi e dichiarare che se fosse per lei, intitolerebbe l’aula magna ad un uomo di cultura, che sarebbe più proficuo per gli studenti…..
E ancora, alcuni anni fa i ragazzi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, durante un 9 maggio, avevano realizzato sul muro laterale di un edificio commerciale che costeggia la strada a fianco di Casa Memoria, un bel ritratto murale di Peppino con la scritta “ribellarsi è giusto”…una settimana dopo i proprietari dell’immobile vennero da me, scusandosi perché avevano fatto cancellare quel disegno: troppe le pressioni che avevano ricevuto da alcuni cinisensi che non comprendevano il perché avessero dato il permesso di realizzare il murales. Troppi quelli che gli consigliavano di cancellarlo, e di starci alla larga…queste cose fanno male…in quella occasione i ragazzi dell’associazione Rizoma e di Rifondazione Comunista diffusero le immagini del muro ridipinto di bianco, dove prima c’era il volto di Peppino, e diffusero alcuni versi di una poesia di Pasolini, quelli usati da Marco Tullio Giordana nel finale del film Un delitto Italiano:

L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza –
alzare la mia sola puerile voce
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

Giovanni, prima di salutarci ti chiediamo: che cosa significa per te la parola Legalità? si può sconfiggere la mafia? E come?
Il termine “Legalità” significa che tutti i cittadini di uno stato democratico, dove le leggi sono fatte dal Parlamento e dove il Parlamento è la diretta espressione della sovranità nazionale, devono agire nel rispetto delle leggi. Ma legalità non significa piegarsi, accettare ogni sopraffazione e obbedire a qualsiasi decisione di una pubblica amministrazione o a qualsiasi legge dello stato! Pensiamo per un attimo alle leggi razziali sotto il fascismo e negli stati uniti d’America!…Don Lorenzo Milani diceva che l’obbedienza non è sempre una virtù. Io credo che nel mondo la pratica della disobbedienza civile abbia portato un importante contributo al progresso dell’umanità: pensiamo alla lezione di gente come Rosa Parks, Martin Luter king, Danilo Dolci, Pietro Calamandrei, Aldo Capitini, tutta gente che si è ribellata a delle leggi perché le ritenevano offensive per la dignità delle persone. Legalità più che rispetto delle leggi è rispetto della dignità umana. Ecco cosa significa legalità: battersi affinché venga mantenuta e garantita una esistenza libera e dignitosa per tutti! Mi chiedevi come si sconfigge la mafia. Lo sai che in Italia esiste una legge in grado di sconfiggere la mafia, e che la mafia non è stata sconfitta per colpa di tutti quelli che hanno governato la prima e la seconda repubblica perché non hanno applicato mai i principi di questa legge? Questa legge è la Costituzione della Repubblica Italiana con i suoi 139 articoli, nata dalla resistenza antifascista.

Ringraziamo Giovanni Impastato, e ringraziamo quanti hanno lavorato e lavorano ancora instancabilmente per fare luce su quanto è accaduto la notte fra l’ 8 e il 9 maggio 1978 e per chiedere giustizia per Peppino Impastato e rispetto per le sue idee e le sue battaglie. Vogliamo ringraziare in particolare il Centro Siciliano di Documentazione fondato nel 77 da Umberto Santino e Anna Puglisi, il primo centro di studi sulla mafia sorto in Italia. Grazie all’impegno del centro, che ha raccolto in maniera scientifica tutte le testimonianze, le interviste, le lettere, i volantini, il materiale fotografico e ogni cosa fosse utile a ricostruire il panorama criminale, sociale, politico ed economico riguardante Impastato e la sua attività politica sul territorio, oggi abbiamo, raccolti in numerose pubblicazioni, gli strumenti per potere chiedere un processo contro chi ha ordito il depistaggio. E ancora grazie a Giovanni, sua moglie Felicetta, e a sua madre Felicia, e a tutti i compagni che ci hanno insegnato la forza dell’uso politico della memoria. Vogliamo chiudere questa intervista con una poesia di Umberto Santino.

Ricordati di ricordare
coloro che caddero
lottando per costruire
un’altra storia
e un’altra terra

ricordali uno per uno
perché il silenzio
non chiuda per sempre
la bocca dei morti
e dove non è arrivata la giustizia
arrivi la memoria
e sia più forte
della polvere
e della complicità

Ricordati di ricordare
l’inverno dei Fasci
quando i figli dei contadini del Nord
spararono sui contadini del Sud
e i mafiosi aprivano il fuoco
sapendo di essere
i cecchini dello Stato

Ricordati di Emanuele
che fu accoltellato
dai sicari degli speculatori
e del trionfo degli assassini
nella città cannibale

Ricordati di Anna
e di Emanuela
e della loro primavera insanguinata

Ricordati di ricordare
il sangue versato sulla terra
e le file lunghe degli emigranti
che portarono la Sicilia
sulle piazze del mondo
a svendersi
come merce a buon mercato

Ricordati di Luciano
Lorenzo Bernardino
Nicolò Giovanni
Sebastiano
Andrea
Agostino Gaetano
Pino Girolamo
Accursio
Giuseppe Vincenzo
Epifanio Placido
(e del bambino Giuseppe
che vide l’assassinio di Rizzotto
e il medico-capomafia Navarra
cancellò per sempre
la verità dei suoi occhi)
Calogero Vincenzo
Carmelo
e di tutti gli altri
che hanno perduto
vita e nome

Ricordati di Margherita
Vincenzina Castrense
Filippo Francesco
Giorgio Giovanni Giuseppe
Serafino Vincenzo Vito
che confusero il loro sangue
con le ginestre
che sbocciavano
nel mattino di maggio

Ricordati di Salvatore
che morì abbracciato alla terra
della madre Francesca
che chiedeva giustizia
e trovò lo scherno degli assassini

Ricordati di Peppino
che infranse i comandamenti dei padri
sbeffeggiò il potere
ed esplose sui binari

Ricordati di Pio e Rosario
che erano comunisti
e lottavano contro la mafia
e per la pace

Ricordati di Pasquale
Piersanti Giuseppe
che cercarono di spezzare
il patto con il delitto

Ricordati di Cosimo
Mario Pippo
Mauro Beppe
che vedevano e parlavano
mentre gli altri tacevano
e non guardavano

Ricordati di Leonardo
che pagò con la follia e la morte
la sua sete di verità

Ricordati di Graziella
che ancora si chiede perché
della sua vita rubata

Ricordati di Claudio
che giocava con i suoi undici anni
e incontrò la morte
a un angolo di strada

Ricordati di Barbara
Giuseppe e Salvatore
che svanirono
nel lampo di Pizzolungo

Ricordati di Giuseppe
che sognava di volare
sul cavallo dell’alba
e trovò la notte
nelle mani del boia

Ricordati
di Mario Silvio Calogero
Pasquale Eugenio
Mario Giorgio
di Filadelfio
di Boris
di Cesare e Lenin
di Domenico Giovanni Salvatore
di Emanuele
di Gaetano
di Vito
di Luigi Silvano Salvatore Giuseppe
di Carlo Alberto Emanuela Domenico
di Calogero
di Giangiacomo
di Mario Giuseppe Pietro
di Rocco Mario Salvatore Stefano
di Beppe
di Ninni e Roberto
di Natale
di Antonino e Stefano
di Ida e Antonino
e del loro figlio non nato
di Rosario e Giuliano
di Giovanni Francesca Antonio Rocco Vito
di Paolo Agostino Claudio Emanuela Vincenzo Walter
di Giuseppe
che servivano lo Stato
e trovarono la morte in agguato
e la solitudine alle spalle

Ricordati di Biagio e Giuditta
che attendono ancora la vita
al capolinea della morte

Ricordati di Libero
che non volle piegarsi
mentre la città era ai piedi
degli estorsori
di Pietro Giovanni
Gaetano Paolo e Giuseppe
che seppero dire di no

Ricordati del medico Paolo
che non volle attestare il falso
di Giovanni che denunciò
gli ordinari misfatti
sulle scrivanie della regione

Ricordati di Rita
che non volle più vivere
perché avevano ucciso
la speranza

Ricordati di Giorgio
di Costantino
di Stefano
di Pino
preti di un Cristo quotidiano
fratello degli ultimi
crocifisso dai potenti

Ricordati di Giuseppe
di Domenico
di Filippo
sangue ancora vivo
nomi che dobbiamo ancora aggiungere
al nostro rosario di morti

Ricordati di ricordare
i nomi delle vittime
e i nomi dei carnefici
(i notissimi ignoti
di ieri e di oggi)
perché tutte le vittime
siano strappate alla morte
per dimenticanza
e i carnefici sappiano
che non finiremo mai
di condannarli
anche se hanno avuto
mille assoluzioni

Ricordati di ricordare
le impunità
le protezioni
le complicità
gli interessi
che hanno fatto
di una banda di assassini
i soci del capitale
e i gemelli dello Stato

Ricordati di ricordare
ora che le bombe degli attentatori
scuotono le città
che vogliono affrancarsi
e sui teleschermi della seconda repubblica
si intrecciano i segnali
delle nuove alleanze

Ricordati di ricordare

quanto più difficile è il cammino
e la meta più lontana

perché

le mani dei vivi

e le mani dei morti

aprono la strada

Luglio 1994 – ottobre 2000 – giugno 2014

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