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di Nando Dalla Chiesa.

Tratto dal Fatto Quotidiano, pubblicato Domenica 7 Settembre 2014.

Ma che ci fa una ragazza di un paesino della Val d`Aosta in corso Umberto a Cinisi? Perchè conta di persona i famosi cento passi di Peppino Impastato da quella che fu di don Tano Badalamenti? Tranquilli, non si parlerà qui per l`ennesima volta della distanza messa stupendamente in musica dai Modena City Ramblers. Né della storia di Peppino Impastato. Ma del perchè una giovanissima studentessa universitaria possa arrivare da un paese dal nome francese (Jovecan, 700 abitanti) fin dalla profonda provincia palermitana. Per vedere non cattedrali o acque di smeraldo ma poche stanze arredate sobriamente con le memorie di un rivoluzionario dell`antimafia. Beatrice Caddeo ha vent`anni. Lunghi capelli biondi, una maglietta bianca Hard Rock Cafè, un brillantino al naso, un grappolo di bracciali al polso (“si usano sono molto di moda”). Figlia di un cantoniere sardo e di una maestra d`asilo valdostana “No, non ho mai visto il film I cento passi”. Non so perchè, ma non né ho avuto mai l`occasione. E`nemmeno ho mai letto libri su questa storia. Semplicemente ne ho sempre sentito parlare. Il tema della mafia mi interessa.

Un paio di anni fa, quando ero al liceo, venne a scuola la rappresentante di Libera. Ci presentò il progetto di scuola calcio di Rosario Esposito a Scampia. C` era anche lui, che ci spiegò come attraverso il pallone si potevano sottrarre i ragazzi alla camorra. Mi interessò molto. Allora iniziai a fare qualcosa, a rendermi disponibile per Libera con un paio di amiche. Poi ho partecipato ad un po’ d` incontri, alle giornate della memoria, alla vendita dei prodotti dei beni confiscati.

Tutto qui,sinceramente. Anche perchè studio storia a Torino. Mi piace la storia. Quella romana e quella contemporanea, a partire dalla Resistenza: è stata la mia prima narrazione domestica, grazie a un prozio che andò partigiano a sedici anni. Perchè ho deciso di partecipare a questo progetto di formazione a Marina di Cinisi? Non per passione civile, ma perchè mi sono detta che era un ottima occasione per conoscere Palermo. Quello che ho visto mi ha scosso, non pensavo ad un effetto così forte.

IL PROGETTO a cui Beatrice ha partecipato è stato ideato dall` università di Milano e da Libera. Prevedeva, fra l`altro, visite a Casa Memoria di Peppino e alla Casa Badalamenti, recentemente sottoposta a confisca e assegnata alle associazioni antimafia e alla biblioteca comunale. “L` incontro con Giovanni Impastato mi ha segnata. Mi ha colpito lo sforzo immenso per coltivare la memoria del fratello. Si coglie la sua fatica, magari proprio davanti alla casa passano ragazzi di Cinisi con l`aria di non sapere nulla. Mi hanno colpito le foto, soprattutto quella di un gruppo, dove Peppino è in un angolo, bambino innocente, fututo ribelle, in mezzo a parenti mafiosi. E mi chiedo perchè i ragazzi non lo prendono tutti a modello, in fondo nei giovani dovrebbe vincere lo spirito della rivolta. E poi mi ha conquistato la storia di Felicia, la mamma forte e coraggiosa; sentendo le cose grandi che ha fatto per suo figlio mi vien da dire che davvero “la mamma è sempre la mamma”.

Sa, sono andata in giro con un paio di amici a fare domande agli abitanti di Cinisi e mi sono e mi sono sentita dire di tutto. Anche che si stava meglio quando c`era la mafia, perchè si lavorava e tirava l`edilizia. Oppure che bisognerebbe chiudere tutti i politici in uno stesso posto e poi farli fuori tutti, ‘non ne deve uscire nessuno’. Ho trovato signori visibilmente benestanti che in tono di sfida mi dicevano ‘tutti sono mafiosi anch`io sono mafioso’. Ci sono troppe cose che non tornano. Parole che si contraddicono, fatti che contraddicono le parole”. Nella sua assoluta inesperienza, Beatrice sembra arrovellarsi con le ambiguità della cultura mafiosa. “Una cosa è sicura. Appena torno a casa vedo I Cento passi, mi sono già informata, ce l`hanno in biblioteca. E poi voglio mettermi a leggere e studiare, perchè questo sicuramente lo posso fare. Magari contatto pure le associazioni di Libera a Torino, anche se vorrei concentrarmi più su Aosta, dove tempo fa ho partecipato alla presentazione del dossier sulla mafia in Valle curato da Marika Demaria. Non c`è dubbio, la mafia in Valla c`è. E sarebbe strano il contrario vista la corruzione che sta venendo fuori, anche in Regione. Ma mi piacerebbe soprattutto impegnarmi nella campagna contro il gioco d`azzardo”.

Voi chiederete che cosa abbia fatto di speciale questa ragazza, per doverla raccontare. Risposta: nulla, assolutamente nulla. Ma proprio questa è la cosa meravigliosa, straordinaria. Che arrivino all`antimafia, da un capo all`altro del paese, giovani che non hanno storie forti né storie militanti. Che ci arrivino per “aver sentito parlare della storia di Peppino”, per cogliere l`occasione di vedere Palermo”, dicendo di Felicia che “la mamma è sempre la mamma”. Con semplicità, con ingenua normalità. Decidendo poi di impegnarsi. Quando questo succede, vuol dire che le idee viaggiano veloci, contagiose. Ed è il segno della loro forza.{jcomments on}